S’Orcu ’e Montiarvu – Il Carnevale Antico Siniscolese

In un tempo antico, 1500 anni A.C., il filo della vita era strettamente legato alla natura. La Grande Madre Mediterranea, libera di donare o togliere il sostentamento a uomini, figli e animali. Per ingraziarsi Dioniso, Dio della fertilità, gli uomini cominciarono a sacrificare animali con riti cruenti, collegati al mondo naturale, al fine scongiurare la siccità con sacrifici di sangue dedicati alla terra.
Una terra antica, fatta di pietre calcaree, boschi di querce, olivi selvatici dove troviamo ancora oggi i segni di una storia antica ancora viva. E come il dolore è parte della morte, così la nascita getta il seme per un’altra vita.
Da questo incrocio di anime, sonagli, fruste, bastoni sangue e fuliggine ha origine il Carnevale Antico Siniscolese.

———————————————————–

La riscoperta, la lettura, la ricerca, l’approfondimento, questi furono gli elementi che anni fa portarono alla formazione dell’associazione Orcu ‘e Montiarvu.

Un’associazione quindi strutturata per racchiudere al suo interno l’espressione della storia, degli usi e dei costumi, dei toponimi e della lingua sarda, attraverso la rappresentazione di antichi riti pagani legati al mondo agrario in uso nel paese di Siniscola, smarritisi in un tempo sia pur non troppo remoto.

Riti agrari che trovano collocazione temporale nella loro rappresentazione stagionale: Carnevale/Carrasecare/Carre de secare/Carne da tagliare/Carne viva da fare a pezzi, lacerare.

Sa Carre differisce da Sa Petha, intesa come carne comune per l’alimentazione, e l’etimo del nome stesso ci introduce a dei contenuti truci e grotteschi.

Potremmo parlare quasi di zoonosi, del famoso salto dell’animale nell’uomo, che prosegue nella sua rappresentazione di un mondo tragico, nel ruolo della vittima sacrificale e di tutta la parte luttuosa che ne consegue.

E’ la rappresentazione del dio stesso, Dioniso, la faccia oscura di Bacco, che ogni anno doveva nascere e morire allo stesso modo dell’erba nei campi, o come il grano, prima seminato e poi falciato, in un ciclo ripetuto e circolare all’infinito della natura, che la ritualità de su carrasecare Anticu Thiniscolesu si compie.

Nella narrazione si attraversano i momenti che vanno dalla cattura alla passione della vittima sacrificale,

della bestia, de s’Orcu, attraverso un percorso cruento e veemente che conduce alla sua capitolazione, con il sangue lasciato scorrere per fecondare la terra in un rito propiziatorio. Al suo interno troviamo anche

numerosi simbolismi ed elementi apotropaici come il suono dei campanacci dei figuranti, per scuotere la

terra nel’intento di svegliarla dal torpore, o i lamenti funebri , sos atitos e numerosi richiami legati

profondamente alla rinascita della natura.

Una rappresentazione che deriva da un’approfondita ricerca delle proprie radici, di figure quasi mitologiche appartenute ai nostri avi. Figure che cercano di ritagliarsi uno spazio in un mondo contemporaneo sardo che ha messo ai margini usi e costumi di un tempo per far posto all’era tecnologica iperconsumista.

E’ in questo legame profondo tra la nostra associazione e la terra anch’essa nostra perchè la abitiamo, che scaturisce la decisione di mostrarci due sole volte all’anno: la prima nel giorno de Su ‘Olòne, il falò di Sant’Antonio a gennaio, e la seconda a febbraio per il carnevale, nel giorno clou de Su Carrasecare Anticu Thiniscolesu.

Una decisione che si rapporta coerentemente con la tradizione delle maschere sarde, che nel passato si mostravano tassativamente in queste due sole date che introducevano alla primavera ed al compimento dell’annata agraria, senza perverse genuflessioni turistiche o esperienziali tanto di moda oggi.

Una ricerca che non smette di progredire giorno per giorno, anno per anno, che ha portato la nostra associazione a diventare l’artefice esclusiva con le sue machere: S’Orcu ‘e Montiarvu, Su Guardianu ‘e S’Orcu, Su Tintinnàtu, Su Voe Jacu e Sa Partorja, de Su Carrasecare Anticu Thiniscolesu.

Sichinos in Facebook

Facebook Pagelike Widget