S’Orcu ‘e Montiarvu

Sin dai tempi antichi tutti i popoli del Mediterraneo avevano bisogno di stringere una relazione con Dioniso, Dio della natura e della fertilità. Le comunità sarde, fatte di agricoltori e pastori, avevano bisogno delle piogge per il raccolto e per la terra. Per ingraziarsi il Dio iniziarono a sacrificare uomini e animali in un rituale simbolico di passaggio che abbracciava il momento della passione, della morte e della rinascita.
Questi riti e iniziative in onore del Dio ripercorrevano il ciclo della natura che ogni anno muore in inverno per poi rinascere la primavera successiva.

Nel Carnevale Antico Siniscolese questa figura veniva rappresentata da S’Orcu, un uomo trasformato in bestia che si nasconde nella montagna sotto la cima del Mont’Albo, luogo noto come Sa Prejone ’e s’Orcu (La prigione de s’Orcu). Da qui veniva catturato, legato e portato giù nel paese il giorno de su ’Olone (del Falò) il 16 gennaio. S’Orcu veniva poi incatenato e imprigionato fino al giorno del martedì grasso, quando sarebbe stato liberato ed inseguito per le vie del paese, per poi essere domato fino alla morte. Una volta ucciso con un coltello, il suo sangue veniva lasciato scorrere a bagnare la terra, diventando simbolo di fertilità e propiziando così la buona riuscita del raccolto di quell’anno.

Questa figura che aveva attributi divini, è stata messa da parte con l’avvento del Cristianesimo, ma non è stata mai dimenticata e spesso in periodi di siccità gravi è stata riportata in vita.

Il Carnevale Antico Siniscolese è un carnevale crudo, duro che ha come filo conduttore il dolore e tutto ciò che è collegato alla morte della bestia, s’Orcu ’e Montiarvu. Questa figura indossa una pelle di maschio di pecora, ha il volto ricoperto di fuliggine e le braccia sporche del sangue di coloro che, durante l’inseguimento prima dell’uccisione, cercano di ferirlo e ucciderlo.